L'ipocrisia del “politicamente corretto”

 

Quando ero bambino, a causa della mia magrezza, venivo deriso dai compagni di classe, oggi si direbbe che ero stato vittima di body shaming. Nonostante che la cosa mi facesse soffrire, ci feci il callo e crescendo mi fortificai andando avanti senza grossi traumi.

Ultimamente la sensibilità nei confronti delle varie forme di discriminazione è molto aumentata, soprattutto verso le categorie più fragili e le minoranze. Qualora i comportamenti non configurino illeciti penali, è richiesto comunque un atteggiamento politicamente corretto.

Tuttavia, di fronte ad una maggiore richiesta di sensibilità verso i diritti civili, non rilevo un'analoga sensibilità nei confronti dei diritti sociali.

Quest'anno la festa del 1° Maggio, sempre più svuotata di significati, è stata ulteriormente svilita da polemiche che, invece di accendere un faro sui diritti dei lavoratori, hanno avuto il solo risultato di distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica e convogliarla su altri temi.

Del resto negli ultimi decenni la propaganda neoliberista, imponendosi economicamente e politicamente come modello dominante, ha puntato sulla competitività e sulla meritocrazia, in uno scenario ormai globalizzato.

Apparentemente i termini competitività e meritocrazia sembrano essere valori intrinsecamente positivi ed auspicabili, ma se analizziamo le condizioni di partenza comprendiamo chiaramente che la diseguaglianza impedisce qualsiasi tipo di competizione.

Nel mondo del lavoro, le persone vengono spronate a lottare tra loro per conquistare la propria posizione sociale, in una sorta di selezione naturale, dimenticando che l'umanità si è evoluta anche grazie alla collaborazione tra gli individui e alla socialità.

Spesso la competizione viene mascherata da stimolo per migliorarsi e superare i propri limiti, come anche la meritocrazia, ma alla prova dei fatti questa fantasmagorica competizione sociale si rivela una colossale illusione, poiché si scopre subito che non si tratta di una gara ad armi pari, ma bensì un'arena nella quale vengono messi a lottare i lupi assieme agli agnelli.

Negli ultimi anni la politica, invece di preservare i diritti dei lavoratori per proteggere soprattutto i più fragili come i precari e i meno tutelati, ha addirittura ridotto i loro diritti, abbandonando una gran massa di lavoratori al loro destino.

Paradossalmente una persona è tutelata contro le discriminazioni e non deve essere denigrata per il suo aspetto fisico, per l'etnia o per il suo orientamento sessuale, ma può subire il licenziamento senza giusta causa o la deflazione salariale a causa della competizione con un esercito di disoccupati.

Anche la meritocrazia può essere un disvalore, se analizzato attentamente, infatti, quali meriti vanta chi ha avuto la fortuna di nascere in una famiglia benestante, o nella parte di Mondo più avanzata, rispetto chi è nato in condizioni meno favorevoli?

In fondo anche la meritocrazia è un falso mito, un artificio retorico per ammantare di moralità le diseguaglianze, che sono ben altra cosa rispetto alle differenze.

Eppure, l'orientamento ideologico del “politicamente corretto” ha un risalto mediatico maggiore rispetto ai diritti sociali e non risparmia nessun aspetto della vita, fino a rasentare il ridicolo quando arriva a censurare anche le fiabe. L'ultima polemica in corso propone l'assurdo paradosso secondo il quale il principe Azzurro sarebbe colpevole di aver abusato dell'esanime Biancaneve, rubandole un bacio.

Il politicamente corretto ci fa gridare allo scandalo, per atteggiamenti potenzialmente disdicevoli, ma stranamente lascia indifferenti verso chi perde il lavoro, o fatica a vivere dignitosamente.

È molto più difficile mettere al centro l'umanità di ciascun individuo, le sue caratteristiche peculiari i suoi pregi e i suoi difetti. La modernità si illude di poter catalogare ogni aspetto della vita, incasellandolo in schemi e algoritmi che di umano non hanno nulla, con la conseguenza di pretendere che le persone debbano conformare i loro comportamenti e addirittura i pensieri a tali categorie precostituite, per non essere additate come politicamente scorrette.

Ripristiniamo quindi la giusta scala dei valori, che a mio avviso è stata alterata. Tuteliamo convintamente le minoranze e le categorie più fragili curando i diritti civili, ma non dimentichiamo più gli altrettanto essenziali diritti sociali per ripristinare la dignità nel mondo del lavoro.


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